A Roccamare

La scrivania delle Lezioni americane, quella dove Italo Calvino se ne stava appollaiato a scrivere, nella sua casa al mare, dopo essersi inerpicato su per una scala pericolosissima: ho portato in viaggio con me Ultima estate a Roccamare per concedermi il regalo di immagini come questa e altre in cui non mi era ancora capitato di imbattermi.

Ho scoperto, per esempio, che Italo comprava i vestiti al mercato; che di giorno si poteva vederlo in giro con i sacchetti della spesa sul manubrio della bici o a mangiare sarde con l’aceto in piazza; di notte a camminare in spiaggia, i pantaloni azzurri e la camicia chiara, con in mano una torcia e una mappa delle costellazioni. Ho trovato conferme su idee che mi ero fatta altrove: che era «una persona che ti chiedeva scusa lui», che la sua leggerezza è sopravvalutata, che Palomar è il personaggio che più gli somiglia, che le sue parole magiche erano echi d’infanzia – beudo, ubago.

Tra queste pagine non incontrerete solo Italo Calvino, perché nella pineta di Roccamare si aggira un gruppo di anime a cui potreste già essere affezionati – Natalia Ginzburg che non sapeva nuotare, Pietro Citati che guidava come un pazzo – o che potrebbe venirvi voglia di andare a cercare – Rosetta Loy che amava Cesare Garboli, Alberto Savinio e Giovanni Mariotti che presto o tardi anch’io mi deciderò a leggere.

Ma il cuore di questo libro resta il quartetto delle sere d’estate: Calvino, Citati, Fruttero, Scarpelli. Discutevano spesso, il più delle volte non di libri: «Il nostro linguaggio, quando ci capitava (raramente) di parlare di letteratura, era ridotto a poche formule banalissime: “Cammina?”, “Prende?”, “Sta in piedi?”, “Funziona?”» (Fruttero). Leggevano sempre: «Mi faceva leggere tutto, è stato così fino alla fine. Quando è morto stava scrivendo un libro sui cinque sensi, mi aveva fatto leggere il racconto sull’olfatto» (Citati). Partivano per gite in barca anche se nessuno ne possedeva una, noleggiando vecchi pescherecci riadattati.

Dovreste leggere Ultima estate a Roccamare di Alberto Riva (Neri Pozza) non come si leggono le storie di morti, ma come si sfoglia un album di fotografie piene di sole, che profumano di pini e rosmarino.

L’eredità di Grazia Cherchi

Grazia Cherchi è tornata. A lei devo una lunga serie di innamoramenti letterari che è iniziata con Descrizioni di descrizioni di Pier Paolo Pasolini e una lista di letture che non ho ancora esaurito, anni dopo essere salita a bordo del suo Scompartimento per lettori e taciturni: lo ricordo come uno dei miei passaggi obbligati per definire la persona che legge che sono poi diventata.

La sua è stata una vita dedicata ai libri, come giornalista, editor e curatrice editoriale, prima ancora che scrittrice. A lei e Piergiorgio Bellocchio dobbiamo l’esperimento dei “Quaderni piacentini” che ha tracciato una diversa idea di letteratura tra gli anni Sessanta e Settanta. Alle sue cure (al suo fiuto e alle sue forbici) le storie di Baricco, Benni e tanti altri che sono ancora sugli scaffali.

È stata un esempio di dedizione alla parola schietta e senza fronzoli, ha sempre creduto che la letteratura non dovesse avere a che fare con la noia ma con l’intelligenza, ha sempre scartato il troppo per scegliere l’essenziale. Ci ha insegnato un modo di intendere il mestiere dei libri come forma di rispetto e di amore per le parole, come una salda presa di posizione dalla parte di chi legge.

Fatiche d’amore perdute è il suo unico romanzo, dato alle stampe nel 1993, due anni prima della sua morte e sette dopo i racconti di Basta poco per sentirsi soli – che è uscito nel 1986 per l’editore Tringale e oggi si trova nel catalogo di Papero Editore e in qualche copia di E/O tra l’usato.

Non so dirvi se sia il romanzo migliore che leggerete quest’anno, ma quello che è certo è che le sue pagine – che minimum fax ha riportato in libreria, accompagnate dalle parole di Fabio Stassi e Daria Bignardi – sono un invito a tornare a parlare di lei, per conoscerla e riscoprire l’eredità che ci ha consegnato.

Un inventario di sentimenti

Ci ho messo dieci anni per iniziare a leggere i Sillabari – il finito di stampare della mia copia è del 2013 – e quasi un mese per arrivare in fondo all’inventario dei sentimenti umani che Goffredo Parise ha scritto per il Corriere della Sera tra il 1971 e il 1980. Credo non sia dipeso tanto da me né dai giorni concitati che hanno accompagnato, quanto piuttosto dalla densità di queste pagine che mi ha richiesto una pausa tra un racconto e l’altro, per riuscire a lasciar andare e ricominciare ogni volta da capo.

Penso ai giorni e agli anni che mi ci sono voluti, al durante ma soprattutto al prima, perché ho l’impressione che solo così avrei potuto leggere questi Sillabari: lasciando che mi insegnassero quanto è importante aspettare.

«Dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore.»

Sillabari, Goffredo Parise

Signor Palomar. Italo Calvino nei libri degli altri

Signor Palomar. Italo Calvino nei libri degli altri: continua il mio percorso di lettura dedicato al mio autore del cuore.

Ci troviamo da verso a Milano, giovedì 4 maggio alle 19:00. In questa seconda tappa, risvolti, quarte di copertina, pareri di lettura e scambi epistolari ci faranno rivivere il tempo che Italo Calvino ha trascorso a fare i libri (non solo suoi) tra le stanze di casa Einaudi.

Sono emozionata? Potete scommetterci.

Signor Palomar. Italo Calvino nei suoi libri

Signor Palomar: un percorso di lettura a cura di Veronica Giuffré da verso libri, a Milano

Signor Palomar: ho organizzato un percorso di lettura da verso a Milano, intorno a Italo Calvino.

Giovedì 23 marzo alle 19:00 partiremo dal ritratto dell’uomo e dello scrittore che è sempre stato molto restio a parlare di sé, leggendo alcune delle sue pagine meno note.

Giovedì 4 maggio alle 19:00 attraverseremo il suo epistolario per ripercorrere il suo lavoro in Einaudi e il suo contributo al fermento della stagione editoriale più felice del Novecento.